• Comune di Lucca
  • Con il patrocinio di: Regione Toscana, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Consiglio Nazionale delle Ricerche
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  • Festival: from 30/10 to 02/11 - Exhibitions: from 18/10 to 02/11

La I Guerra d'Indocina 1946 - 1954

 

L'Indocina francese, detta anche Unione indocinese, era una colonia francese che riuniva il Tonchino, l'Annam, la Cocincina (regioni che costituiscono l'attuale Vietnam), i territori che formano oggi il Laos e la Cambogia, nonché l'enclave di Kwangchowan in Cina.

 

Dopo la II Guerra Mondiale, nella quale il nemico comune era stato il Giappone, la Repubblica democratica del Vietnam guidata dal Presidente Ho Chi-Minh diede vita ad azioni di guerriglia contro le truppe francesi che volevano riconquistare tutto il territorio perso durante il conflitto. Apparizioni improvvise, colpi di mano con rapidi sganciamenti, imboscate e fughe nei boschi e nelle paludi erano all’ordine del giorno, come pure le feroci repressioni effettuate dalle truppe di occupazione soprattutto nei confronti dei villaggi sospettati di sostenere i guerriglieri Vietminh. Una storia che si ripeterà pochi anni dopo con gli USA come protagonisti, segno che ancora una volta la storia non aveva insegnato niente.

 

Il tragico finale della guerra ebbe luogo a Dien Bien Phu, dopo un assedio durato dal 20 novembre 1953 – 7 maggio 1954.

 

Una sanguinosa ma eroica sconfitta è stata definita questa battaglia, visto che molti storici la considerano come l’ultima battaglia dell’era “romantica” della Légion Etrangère. Oppure, al contrario, una semplice “trappola per topi”, nella quale i legionari del BEP (Batallion Etrangèr de Parachutistes) condivisero un destino baro e amaro con i parà, i tirailleurs algériens e marocains, i vietnamiti della tribù T’ai e tutti gli altri corpi dell’Esercito Coloniale Francese in Indocina. Magari l’alone romantico è stato attribuito a questo evento bellico per edulcorare un po’ l’amarezza di una nazione che chiudeva per sempre la sua grandeur coloniale, con l’eccezione dell’Algeria che, però, di lì a qualche anno, avrebbe infranto per sempre ogni velleità colonialista della vecchia, douce France.

 

Asserragliati in un vasto campo trincerato a Nord di Hanoi, che il Comando Francese aveva inspiegabilmente scelto in una valle circondata da alte colline boscose, i francesi tennero testa per circa sette mesi alle preponderanti forze vietnamite, ma - bersagliati dall’alto da mortai, cannoni e razzi katyusha, era chiaro che prima o poi sarebbero morti tutti in quella specie di tritacarne infernale nella quale i papaveri dello Stato Maggiore li avevano ficcati. Realizzato per sbarrare ai guerriglieri la strada per il Laos e per giocarsela al tavolo dei negoziati già avviati, il luogo fortificato (i cui capisaldi avevano tutti nomi femminili) era stato scelto lontano sia dalle retrovie vietminh che francesi, con l’idea che questi ultimi avrebbero potuto usufruire di un formidabile ponte aereo. Sembrava positivo che quel grande campo fortificato si trovasse serrato da ogni lato dalle alture boscose, attraverso le quali i generali francesi pensavano che i vietminh del generale Võ Nguyên Giáp non potessero riuscire a trasportare l’artiglieria pesante, mentre i legionari venivano riforniti di uomini, armi, viveri e munizioni dall’alto, per via aerea. Ma ben presto cominciarono le brutte sorprese: i vietnamiti accerchiarono la posizione isolandola completamente; poi, aiutati dalle tribù montanare (tranne i T’ai, che rimasero fedeli ai francesi), con un paziente e incessante lavoro organizzarono una instancabile catena di portatori che riuscirono a piazzare attorno al campo trincerato una cintura perfettamente mimetizzata di cannoni di grosso calibro (tra cui ventiquattro obici da 105, bottino di guerra cinese in Corea) e di batterie antiaeree, trasformando Dien Bien Phu in un’allucinante trappola mortale. Fu grazie a questa mobilitazione che il generale Giap riuscì a fare attritoportando al fronte ventimila tonnellate di riso, oltre a munizioni e beni di prima necessità. “Dove passa una capra, può passare un uomo e uno alla volta passa un battaglione”, amava ripetere Giap, citando Napoleone e la campagna d’Italia. Il problema principale erano ovviamente i rifornimenti: «Per far arrivare un chilo di riso alla prima linea bisognava consumarne quattro durante il trasporto... noi abbiamo impiegato oltre 200 mila portatori dân công (patrioti operai), 400 camion, 17.000 cavalli e 20 mila biciclette Renault e Peugeot modificate, comprate di nascosto ad Hanoi », oltre a 2.700 giunche per un totale di cinque milioni di giornate di lavoro tra il gennaio e il maggio del ’54.

 

E quando venne il momento finale della resa dei conti, i vietmhin travolsero definitivamente gli indeboliti punti di resistenza francesi, costringendo quel caposaldo ormai indifendibile alla resa.

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