IWO JIMA – 19 FEBBRAIO 1945 Dopo la battaglia di Midway l’iniziativa strategica nel pacifico passa agli americani. I resti della flotta giapponese non costituiscono più una minaccia. Per le truppe alleate la strada o per meglio dire il mare verso il territorio giapponese è tutt’altro che aperto. Le coste dell’Impero del Sol Levante sono protette da una serie di isole fortificate, dotate di aeroporti in grado di scatenare i caccia contro la flotta e l’aviazione nemica. Per scardinare questo formidabile sistema difensivo agli americani non resta che riversare una sconfinata marea di uomini, mezzi e materiali in grado di sommergere la strenua resistenza delle truppe nipponiche.
Alcuni di questi scontri si risolveranno in terribili massacri da entrambi le parti.
Tra questi abbiamo voluto ricordare e ricostruire Iwo Jima, un’isola di appena 8 km di lunghezza per 4 km di larghezza, un punto sperduto nell’oceano dove la guarnigione comandata dal generale Kuribayashi s’immolerà fino all’ultimo uomo. Gli americani decisero di colpirla perché si trovava sulla rotta dei bombardieri diretti in Giappone. La sua stazione radar garantiva alla difesa aerea un ampio preavviso sulle direttrici dell’attacco, costringendo i bombardieri a operare a quote elevatissime per evitare i caccia, influendo negativamente sugli effetti dei bombardamenti.
I vertici militari stabilirono che dieci giorni sarebbero stati sufficienti alle truppe da sbarco per conquistare l’isola. Ce ne vorranno oltre quarantacinque. Come poté la guarnigione giapponese, male equipaggiata, resistere così a lungo alla potenza americana? Il generale Kuribayashi conosceva molto bene il nemico, avendo soggiornato negli Stati Uniti prima della guerra, e sapeva di poter contare su due formidabili alleati: il fattore tempo e l’opinione pubblica americana.
Più a lungo fosse riuscito a resistere trattenendo sull’isola il nemico, minore sarebbe stata la disponibilità di truppe da impiegare su altri teatri operativi. Il popolo americano poi non avrebbe giustificato un massacro indiscriminato di giovani vite per conquistare una zolla di terra in mezzo all’oceano facendo pressioni sul governo affinché fossero impiegate tattiche alternative meno dispendiose in termini di vite umane.
Il piano di Kuribayashi prevede di far sbarcare la prima ondata senza reagire. I primi a mettere piede su Iwo Jima sono increduli, un silenzio spettrale avvolge l’isola, quasi fosse disabitata. Quando l’ondata successiva affolla la spiaggia allora si scatena la reazione. Un torrente di fuoco viene riversato contro i marines trasformando il punto dello sbarco in un mattatoio. Privi di ripari naturali scavano inutilmente delle buche che subito si riempiono della sabbia nerastra che caratterizza l’isola. I poderosi calibri nipponici trasformano in rottami fumanti i carri armati dietro i quali cercano riparo. La situazione è disperata. Dalle vette del Suribachi, il vulcano che domina l’isola, gli artiglieri spazzano il terreno di fronte a loro. Non c’è anfratto in cui ripararsi. L’aviazione imbarcata tempesta con bombe e razzi il vulcano ma i difensori, protetti dalle loro grotte fortificate, continuano a sparare.
Si pensa addirittura di reimbarcare i sopravvissuti. E' in questo momento drammatico che i marines dimostrano di che pasta sono fatti. Animati da un coraggio e una determinazione incredibile attaccano con granate e lanciafiamme le postazioni più vicine eliminando le prime sacche di resistenza. Ogni passo verso il nemico esige un elevatissimo tributo di sangue. Ci vorranno tre giorni prima che l’artiglieria posta nel Suribachi taccia, più altri quaranta per mettere in sicurezza l’isola. Degli oltre 20.000 soldati giapponesi posti a difesa soltanto duecento si arrenderanno al nemico, il resto sarà ucciso. Le tre divisioni di marines che combatterono su Iwo Jima lamenteranno ben 5.800 morti e oltre 17.000 feriti. Questa è l’unico sbarco in cui gli americani subirono più vittime del nemico. Nei mesi successivi migliaia di aviatori con gli apparecchi in avaria troveranno scampo sull’isola. Dovranno le loro vite all’incredibile coraggio dei Marines.
Scenario: Iwo Jima, settore “Green one”, 1945.
Miniature: Italeri, Waterloo 1815, SHQ, Revell. Scala: 1/72
Regolamento: Assault Platoon di Massimo Torriani e Valentino Del Castello